Si è concluso con un grande successo di pubblico il convegno sull’internazionalizzazione digitale, evento contestuale alla seconda giornata di Vitignoitalia, ormai confermatosi, nella sua undicesima edizione, il salone dei vini più prestigioso del centro sud Italia.
Palcoscenico d’eccezione, Castel dell’Ovo e le sue finestre affacciate sull’incanto del golfo di Napoli. L’incontro ha visto una sinergia di competenze che, attraverso interventi di professionisti del settore, hanno fornito supporto multidisciplinare alle aziende che vogliono intraprendere un processo di internazionalizzazione, dalle best practices preliminari, alla tutela legale, fino alle case history di aziende che hanno intrapreso un percorso di internazionalizzazione a partire dalla sua branca più avanguardista, quella digitale.
Ad aprire i lavori il dott. Biagio Iacolare, vice presidente del Consiglio regionale della Campania, che ha dato il benvenuto ai partecipanti mettendo in luce come le eccellenze enogastronomiche “Made in Campania” rappresentino un modo di essere più che un prodotto da esportare e, come tale, siano una leva strategica su cui puntare per rimettere in moto la nostra economia e proiettarla sulla strada dell’internazionalizzazione.
Ha fatto seguito l’intervento di Filippo Morese, consulente SIMEST, società che fornisce supporto finanziario alle aziende che intendono aprirsi ai mercati esteri. L’obiettivo è quello di favorire un tipo di internazionalizzazione commerciale delle vendite che sia stabile nel tempo e che sia indirizzata soprattutto verso i paesi extra UE. Focus sull’export, dunque, ma non sulla delocalizzazione delle aziende, soprattutto del settore agroalimentare, vero punto di forza dell’economia italiana.
A prendere la parola poi, è stato poi Chicco De Pasquale, presidente di Vitignoitalia, che ha sottolineato la necessità di esportare il “brand Italia” ancor prima dei prodotti made in Italy, ricordando che l’export delle eccellenze nazionali, e soprattutto campane, è un mezzo potenzialmente e concretamente straordinario.
Molto articolato è stato l’intervento dell’avvocato Daniela Pasquali, responsabile del settore tutela, brevetti e marchi dello studio di consulenza “Professionisti e Creativi”, che ha portato i partecipanti ad approfondire tematiche complesse legate alla tutela preventiva di un marchio che si affaccia per la prima volta ai mercati esteri. Figura di importanza strategica in questo percorso è quella del consulente che indicherà al cliente la strada più adeguata da percorrere in base alla valutazione preliminare di una serie di parametri.
Le best practices per esportare le eccellenze del wine in mercati in crescita, come quello della Cina e di Hong Kong, sono state invece illustrate da Rossella di Conno, chief executive di Intrado, società di consulenza per l’export in Cina. Dopo aver delineato il profilo del tipico consumer cinese, che non ama il binomio wine and food made in Italy e predilige il vino rosso perché è considerato un colore portafortuna, il discorso è stato spostato sulle opportunità che un mercato in vorticosa crescita, come quello cinese, offre al settore enologico. Da tenere sempre presente, l’idea che il primo marchio che va esportato è la tradizione italiana e l’unicità di produzioni indissolubilmente legate al territorio di provenienza.
A chiosa di questo percorso l’intervento del prof. Gennaro Guida, Ceo e Managing Director di Estensa, società che si occupa di guidare le aziende a intraprendere un percorso di apertura verso i mercati esteri, attraverso strategie di web marketing internazionale.
Punto focale del discorso, la case history di un’azienda che opera nella GDO campana e che, nel 2011, ha deciso di esportare i suoi prodotti anche verso i mercati esteri. Dopo un’attenta analisi del mercato di riferimento, Estensa ha sviluppato una strategia di lead generation geolocalizzata integrata successivamente con un ecommerce B2B che, in tre anni, ha portato l’azienda in questione ad aumentare il fatturato del 35%.
Si conclude così un incontro che ha visto referenti notevoli dialogare tra loro e con i partecipanti e che è stato definito dal giornalista Francesco Bellofatto de Il Denaro, che lo ha moderato, una rivoluzione copernicana perché per la prima volta si è cercato di creare un connubio concreto tra aziende a vocazione tradizionale e i processi di internazionalizzazione più spinta, come quella digitale.